Il ponte
All’estremità orientale della cortina muraria della città antica, dal lato del mare, vi è quel che resta del ponte della Maddalena, che un tempo precedeva uno dei principali varchi cittadini: la porta del Carmine.
La storia
Il ponte attraversava il mitico fiume Sebeto, oggi totalmente interrato, che, costeggiando le mura orientali della città, scendeva da nord verso il mare, sfociando in una zona acquitrinosa che fungeva da naturale difesa della città. Nel corso dei secoli, da Carlo II d’Angiò ad Alfonso d’Aragona, si tentò invano di bonificare l’area, che rimase sempre pressoché insalubre.
Il ponte, essendo di antichissima fondazione – se ne hanno tracce in epoca longobarda e forse ancor prima – è stato testimone – quando non protagonista – di importanti vicende storiche della città. Fu pesantemente danneggiato nel 1528, durante l’assedio delle truppe francesi comandate dal generale Odet de Foix, conte di Lautrec, che vi trovò la morte a seguito di un’epidemia da lui stesso provocata. Il generale francese, infatti, per costringere i Napoletani ad arrendersi, aveva rotto le condotte che portavano le acque alla città, disperdendole presso la foce del Sebeto. Il viceré di Napoli, Filiberto Chalons d’Orange, con un astuto stratagemma fece allora inquinare le acque dell’enorme palude che si era formata presso il campo nemico. Il colera e altre epidemie ebbero così facile incubazione e fecero strage tra gli assedianti – a cominciare dal loro comandante – che furono costretti a smontare le tende e a ritirarsi. Il 22 maggio, sempre durante l’assedio francese, venne ucciso presso il fiume, in una imboscata dei Lanzichenecchi, il condottiero Orazio Baglioni, uno dei capitani assedianti e comandante delle Bande Nere per il Papa Clemente VII.
La riedificazione del ponte
Nel 1556, dopo una violenta alluvione, il ponte fu riedificato da Bernardino de Mendoza, luogotenente del viceré spagnolo di Napoli, Cardinale Pedro Pacheco, che era dovuto andare a Roma per partecipare da porporato ad un conclave. Venne chiamato “della Maddalena” per via di una chiesa, non più esistente, dedicata a quella santa.
Le edicole
Nel 1731, durante il viceregno austriaco, il viceré Conte di Harrach diede un nuovo assetto alla strada della Marinella che attraversava il Sebeto sul ponte della Maddalena e che permetteva l’accesso alla città. La moglie del viceré, nobildonna di origini boeme, volle far collocare nel mezzo del ponte, su di un canto, la statua di San Giovanni Nepomuceno, che appena qualche anno prima (1729) era stato eletto santo patrono della Boemia, nonché protettore dalle alluvioni e dagli annegamenti.
Nel 1767 una violenta eruzione del Vesuvio minacciò la città, che fu risparmiata miracolosamente dalle incandescenze del vulcano, che arrestò la sua onda distruttrice ad appena poche miglia da Napoli. La devozione popolare credette nell’intercessione di San Gennaro, patrono della città, che scampò i napoletani da quell’ennesima sciagura. Padre Gregorio Maria Rocco, religioso assai popolare ed influente in quel tempo, si fece portavoce del sentimento popolare e ottenne la collocazione di una statua del patrono in atto di fermare la lava alle porte della città e di proteggerne i suoi abitanti. La statua del santo, collocata in una edicola nel mezzo del ponte, a far da pari a quella di San Giovanni, fu disegnata da Francesco Celebrano.
Il ponte e gli eventi del 1799
Quel che resta oggi del ponte, e che risale dunque all’epoca borbonica, fu protagonista di due momenti cruciali della brevissima vita della Repubblica Napoletana del 1799: l’entrata delle truppe francesi, guidate dal generale Championnet, che nel del ’99, invasero il Regno per dare sostegno ai repubblicani della neonata Repubblica Partenopea e che trovarono nei cosiddetti lazzari, ossia nel popolo minuto napoletano, assai attaccato alla dinastia borbonica, la principale e più accanita forza di opposizione. Gli scontri sul ponte, immortalati in più di una tela, furono l’emblema della vittoria francese e segnarono l’entrata trionfale dello Championnet a Napoli sancendo la nascita della Repubblica. Qualche mese dopo, lo stesso ponte assistette allo scontro non meno cruento tra i Repubblicani e le truppe dell’esercito della Santa Fede, i cosiddetti Sanfedisti, che il cardinale Fabrizio Ruffo mise in armi per recuperare il trono ai sovrani Borbone, Ferdinando e Carolina, esiliati in Sicilia dopo l’avvento della Repubblica e della occupazione francese.