CENTRO DI RICERCA PER LO STUDIO DEL PENSIERO MERIDIONALISTICO

Sulle orme del lungo Ottocento meridionale

Duomo di Napoli

La storia

Lungo la via Duomo, tra l’Anticaglia e via dei Tribunali, nel cuore della Napoli greco-romana dei Decumani, sorge la monumentale Cattedrale Metropolitana di Napoli dedicata a Santa Maria Assunta.

La sua fondazione risale al tempo di Carlo I d’Angiò, alla fine del XIII secolo, ma essa sorge dove vi erano già presenti ben due Basiliche paleocristiane, la Santa Restituta e la Stefania, risalenti rispettivamente al IV e V secolo d.C.

Il Duomo rappresenta, soprattutto per la presenza delle reliquie del Santo Martire Gennaro, non solo il principale punto di riferimento devozionale verso l’amatissimo Patrono della città, ma la vera casa spirituale dei Napoletani.

Edificata in forme ogivali, nel corso dei secoli la Cattedrale ha percorso tutti gli stili architettonici dell’arte universale, dal gotico puro della fondazione al neogotico di fine ‘800.

La facciata

La facciata della Cattedrale fu più volte ricostruita nel corso dei secoli; quella attuale fu rifatta in stile neogotico alla fine dell’Ottocento da Errico Alvino.

La facciata presenta una struttura a salienti, con tre portali gotici e tre cuspidi, ornate da sculture in marmo, in corrispondenza di ognuna delle tre navate; in quella centrale, entro un rosone, si trova la statua del Cristo Benedicente. Nella facciata si aprono cinque finestre, anch’esse in stile gotico.

La facciata fu danneggiata durante la seconda guerra mondiale e restaurata nel 1951, ma un restauro integrale è stato eseguito soltanto nel 1999.

L’interno

Vi sono luoghi al suo interno che hanno conservato intatto lo stile originario, come la cappella, nel transetto destro, dei nobili patrizi Capece Minutolo, col bel pavimento in stile cosmatesco, in cui Boccaccio vi ambientò una scena della novella di Andreuccio da Perugia; o come il bianco rinascimentale Succorpo dei Carafa, coll’elegante monumento orante del Cardinale Oliviero Carafa, fondatore della cappella, opera dello scultore Tommaso Malvito; oppure il barocco del magnifico soffitto ligneo della navata centrale e, soprattutto, quello che si ammira nella Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro, con gli affreschi del Domenichino e del Lanfranco, i dipinti di Luca Giordano e la porta bronzea di Cosimo Fanzago; per giungere infine agli interventi pseudo-gotici di Enrico Alvino sulla facciata tardo ottocentesca del tempio, che incorniciano elementi originali quattrocenteschi.

La Real Cappella del tesoro di San Gennaro

La Cappella di San Gennaro costituisce una delle massime espressioni dell’arte del ‘600 napoletano. All’ingresso della cappella vi è il monumentale cancello barocco, capolavoro del bergamasco Cosimo Fanzago, scultore molto attivo a Napoli, ed autore anche del bel pavimento all’interno. Le lunghe sbarre tornite in bronzo hanno la curiosa particolarità di fungere da canne di organo e di emettere ogn’una un suono diverso se leggermente percosse. Nella parte superiore compaiono ben due busti di S. Gennaro benedicente, uno che dà verso l’interno e l’altro verso l’esterno, come se il santo volesse benedire sia coloro che sono dentro che fuori alla cappella.

Al di sopra del cancello la scritta dedicatoria al Santo Patrono, protettore della città di Napoli dai suoi principali quattro flagelli: la miseria, la guerra, l’epidemia e il fuoco del Vesuvio.

L’interno della cappella è a croce greca, con i suoi 7 altari e le 19 statue bronzee degli altri patroni della città, che sembrano fare da corona al busto reliquiario di San Gennaro sulla sinistra dell’altare maggiore. L’affresco della cupola è una splendida rappresentazione del Paradiso di Giovanni Lanfranco del 1643, quelli dei pennacchi invece sono del Domenichino, realizzati nel decennio tra il 1631 e il 1641.

L’altare maggiore, disegnato da Francesco Solimena, è decorato nel paliotto da un bassorilievo d’argento raffigurante la Traslazione delle reliquie del Santo da Montevergine a Napoli, capolavoro di Giovan Domenico Vinaccia e Dionisio Lazzari della fine del ‘600.

Nella Cappella, oltre alle reliquie di San Gennaro, in alcuni locali attigui, anch’essi adorni di opere d’arte, si conservano preziosissimi oggetti di arte orafa, frutto di stratificati doni offerti dalla devozione popolare e aristocratica nel corso dei tanti secoli di storia.

Tra i più preziosi c’è sicuramente la mitra d’oro, realizzata nel ‘700 e arricchita da centinaia di pietre preziose, e la famosa collana di S. Gennaro, che dal 1679 in poi è stata sempre più arricchita da varie donazioni. Sovrani, gente comune, associazioni, tutti hanno infatti concorso a rendere questo tesoro unico al Mondo, oggi visitabile da un ingresso laterale alla Cattedrale.

(https://www.museosangennaro.it/)

Il “miracolo” di San Gennaro

Un rituale molto antico lega i Napoletani a S. Gennaro in un vero e proprio “vincolo di sangue”. Nella cappella, infatti, sono conservate due ampolline nelle quali la tradizione vuole sia conservata una parte del sangue del santo, raccolto al momento della sua decapitazione.

Tre volte l’anno, il sabato precedente la prima domenica di maggio, il 19 settembre ed il 16 dicembre, all’interno della Cattedrale, alla presenza del Cardinale Arcivescovo, della Reale Deputazione di San Gennaro e delle autorità civili, si svolgono, con grande e fervente partecipazione popolare, le celebrazioni per la liquefazione del sangue del Santo Patrono della città, il prodigio conosciuto comunemente come il miracolo di San Gennaro

(http://www.cappellasangennaro.it/index.php/la-storia/sample-page ).

La tradizione vuole che la mancata liquefazione del sangue del santo sia funesta per la città e i suoi abitanti.

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