CENTRO DI RICERCA PER LO STUDIO DEL PENSIERO MERIDIONALISTICO

Sulle orme del lungo Ottocento meridionale

Giuseppe Caruso

Giuseppe Caruso nacque ad Atella il 18 dicembre 1820. Guardiano campestre di una nobile famiglia di Atella, i Saraceno, Caruso si diede alla macchia nell’aprile 1861, dopo aver ucciso una guardia nazionale del suo paese. Entrato in contatto con la banda di Carmine Crocco, ne divenne, insieme con Ninco Nanco, uno dei più fidati luogotenenti.

Negli anni della guerra del brigantaggio Caruso si rese protagonista di atti di particolare violenza, arrivando ad uccidere, secondo la testimonianza resa da Crocco nella sua autobiografia, 124 persone negli anni della sua latitanza.

A causa di attriti con Crocco, Caruso abbandonò la banda e il 14 settembre 1863 si consegnò alle autorità militari italiane, svelando loro le strategie dei briganti, i loro rifugi, i loro compromessi con alcuni possidenti e politici locali. Divenuto collaboratore delle autorità italiane, il 5 ottobre 1863 il tribunale di Potenza lo condannò, con pena ridotta, a sette di reclusione. In realtà, nel marzo 1864 ottenne il permesso di uscire dal carcere e venne affidato al generale Pallavicini, con il quale proseguì l’opera di repressione del brigantaggio.

Il 7 aprile 1864 veniva richiesta per Caruso la grazia, concessa da Vittorio Emanuele II il 7 novembre successivo. Negli anni seguenti per il suo impegno nella lotta contro il brigantaggio, Caruso ottenne diversi privilegi. Morì ad Atella nel 1892.

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