CENTRO DI RICERCA PER LO STUDIO DEL PENSIERO MERIDIONALISTICO

Sulle orme del lungo Ottocento meridionale

Melfi

La storia

Le origini storiche di Melfi, il cui nome probabilmente deriva dal fiume Melpes, menzionato da Plinio il Vecchio ed oggi poco più di un canale, sono ancora oggetto di dibattito: secondo il monaco longobardo Erchemperto la città fu fondata da alcuni cavalieri romani che, al tempo di Costantino, dovendosi recare a Bisanzio, a causa di una tempeste dovettero sbarcare a Ragusa e da qui, cacciati dall’antico centro croato, tornarono verso le coste pugliesi e, stanziatisi nell’area del Vulture, fondarono la città; secondo altri autori, invece, la fondazione di Melfi sarebbe da posticipare all’età bizantina, quando la città di Ragusa già esisteva ed aveva stretti legami commerciali, attraverso l’Adriatico, con le città bizantine italiane.

Con l’inizio della dominazione romana, Melfi perse di importanza rispetto alla nuova colonia di Venusia, che era collocata in una posizione più favorevole lungo il percorso della via Appia, l’importante arteria che attraversava gli Appennini e collegava Roma con Brindisi. La città di Melfi fu quindi lentamente abbandonata. Ma quando, con la caduta dell’impero romano, il centro dell’Impero si spostò verso Oriente, Melfi tornò ad essere importante soprattutto per la sua posizione geografica.

Fu poi sotto il regno di Federico II che Melfi tornò ad ottenere quella funzione di principale centro del Vulture. Fu proprio dal castello, da lui fatto ampliare, che l’imperatore svevo promulgò il Liber Augustalis, conosciuto anche con il nome di “costituzioni di Melfi”: il codice, opera principalmente del protonotaro Pier delle Vigne, mirava a limitare i poteri e i privilegi delle locali famiglie nobiliari e dei prelati, facendo tornare il potere nelle mani dell’imperatore. Con questa opera Federico intendeva recepire, ampliare ed organizzare in un unico sistema le tante leggi e disposizioni amministrative che, provenendo da moltissime fonti e tradizioni, regolavano il suo regno.

Con la caduta della dinastia sveva, la città di Melfi fu, come molte altre città del Mezzogiorno, al centro delle lotte di conquista tra le varie dinastie che cercavano di conquistare il predominio sul regno napoletano.

Divenuta feudo dei Doria, Melfi visse in una condizione di emarginazione sociale irreversibile. La depressione economica portò a Melfi agitazioni sociali, come nel 1728 quando la città insorse contro la gabella della farina e nel 1831 per sollecitare la quotizzazione delle terre demaniali. Tali agitazioni sociali si sarebbero presentate nuovamente all’indomani dell’Unità, quando Melfi, come tutta la Basilicata, fu al centro del fenomeno del brigantaggio, venendo occupata, il 15 aprile 1861, dalle bande del brigante Carmine Crocco, accolto nel palazzo degli Aquilecchia, tra le principali famiglie nobiliari della zona. A Melfi sarebbe nato, nel 1868, il futuro presidente del consiglio dei ministri, nonché fautore del meridionalismo, Francesco Saverio Nitti.

Colpita dal terremoto del Vulture del 1930, un piccolo miglioramento per Melfi si ebbe negli anni Cinquanta, quando fu approvata la riforma agraria. Solo sul finire degli anni Ottanta, dopo essere stata colpita all’inizio di quel decennio dal terremoto dell’Irpinia, per Melfi si aprì lo spiraglio di una lenta ricrescita economica: nel 1987, infatti, aprì a Melfi lo stabilimento della Barilla, seguito, qualche anno dopo, dall’apertura dello stabilimento della FIAT, uno dei siti industriali più produttivi d’Europa.

Il castello

Il castello di Melfi sorge sopra una collina di origine vulcanica e sovrasta tutta la città. La sua costruzione risale all’XI secolo quando, con l’arrivo dei normanni, Guglielmo d’Altavilla decise di costruire un fortilizio sul modello tipico dell’architettura normanna: il palazzo aveva pianta quadrata ed era munito di quattro torri agli angoli, tre delle quali ora inglobate nel palazzo centrale; gli ingressi al palazzo erano collocati, in prossimità della cinta muraria, sui due lati opposti est ed ovest.

Con la venuta degli svevi, Federico II diede grande importanza al castello e ne apportò alcuni importanti restauri, ampliandolo notevolmente, dotandolo di una cinta muraria separata dal palazzo che si chiudeva fra due torri: la prima torre si trova sul lato orientale; l’altra su quella settentrionale e sarebbe stata in seguito collegata al corpo centrale.

L’arrivo degli Angioini comportò nuovi interventi di ampliamento alla struttura del castello che, con il completamento della cinta esterna e del fossato, l’aggiunta delle tre torri pentagonali, di altre tre rettangolari e il completamento della cisterna assunse l’attuale fisionomia.

Avendo riportato numerose fasi costruttive nell’arco dei tempi, il castello di Melfi presenta oggi una forma architettonica multistilistica.

http://www.cittadimelfi.it/il-castello.html

Il Museo Archeologico Nazionale

Il Castello ospita dal 1976 il Museo archeologico nazionale del Melfese (https://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Luogo/MibacUnif/Luoghi-della-Cultura/visualizza_asset.html?id=155521&pagename=157031). L’allestimento, articolato su tre piani, segue un criterio cronologico e copre l’intero territorio del Melfese in un periodo compreso tra l’età arcaica e l’età romana. Al piano terra si trova il reperto più interessante del Museo, il celebre sarcofago romano di Rapolla ritrovato nel XIX secolo. Il primo piano ospita i reperti più antichi, risalenti ad un periodo compreso tra l’VIII e il V secolo a.C. Lungo il percorso si incontrano anche gli appartamenti baronali dei Doria. Il secondo piano ospita altri reperti, tra cui alcune tombe. https://www.melfi.it/museo/

La Cattedrale

La cattedrale di Santa Maria Assunta è il principale monumento religioso che sorge nel centro storico di Melfi. Della sua forma originaria non si conserva nulla, essendo stata colpita più volte, durante i secoli, dai numerosi terremoti. Si presume che sia stata eretta per volontà di Roberto il Guiscardo, intorno al 1076, ma già il nipote Ruggero II avviò dei lavori di ampliamenti dell’edificio.

Nei primi lavori di ampliamento della cattedrale, voluti, come detto, da Ruggero II rientrò la costruzione del maestoso campanile, che caratterizza fortemente la città. Il campanile, di stile romanico, si sviluppa in tre piani per 50 metri di altezza. Gli ultimi due piani sono abbelliti da otto bifore (quattro per ogni piano) e da decorazioni in pietra bianca (di Trani) e pietra nera (di origine vulcanica). Il piano terminale della torre crollò durate il terremoto del 1851 e fu sostituito da una guglia ispirata al campanile della cattedrale di Venosa.

A causa dei numerosi terremoti la Cattedrale subì notevoli cambiamenti nel corso dei secoli; l’ultima campagna di ricostruzione risale al XVIII secolo.

Per un percorso ideale all’interno della Cattedrale:

http://www.vulture.it/mobile/index.php/item/luoghi/melfi/melficattedrale/opere/

Il Palazzo vescovile

Adiacente alla Cattedrale si trova il Palazzo del Vescovado, fatto costruire in epoca normanna ma con continui lavori di ristrutturazione che gli hanno conferito l’attuale struttura barocca. Il palazzo è circondato da un giardino all’italiana, con una fontana settecentesca e uno scalone a forbice. All’interno trovano sede la biblioteca vescovile, che conserva importanti documenti, fra cui le cinquecentine, e dell’Archivio diocesano. Nel 1860 fu la sede nella quale si svolsero le elezioni plebiscitarie per l’annessione al Regno d’Italia.

Le Chiese

Prima della legge napoleonica le chiese erano localizzate in ogni quartiere della città e contenevano delle cripte dove venivano sepolti i defunti. In seguito vennero istituiti i cimiteri e il cimitero di Melfi venne insediato in un luogo dove era presente un convento di monaci francescani. I terremoti, poi, distrussero alcune chiese. La seguente mappa (http://www.cittadimelfi.it/sommario.html) elenca le chiese ancora esistenti e quelle ormai scomparse.

La Chiesa di Santa Margherita

La più celebre delle chiese rupestri è certamente la chiesa rupestre di Santa Margherita. La chiesa, costituita da un’unica navata, presenta un portale ed è costituita da quattro cappelle che sono disposte a coppie sui lati della navata e formano nel centro della navata due volte a crociera. In fondo alla navata si trova l’altare; intorno all’altare maggiore è presente un’immagine del Cristo seduto su un cuscino rosso in un trono retto da due angeli. Tra i vari affreschi che abbelliscono la chiesa rupestre il più affascinante è certamente il cosiddetto Monito dei morti ai vivi.

Il Palazzo della Corte

Il palazzo della Corte è stato per diversi secoli, fino al 1903, la sede municipale di Melfi; attualmente è la sede della Pro Loco (http://www.prolocomelfi.it/intro). Il palazzo affaccia su piazza Umberto I e conserva, al proprio interno, il simbolo dell’autorità spietata del feudatario, costituito da una mensola in pietra utilizzata per le esecuzioni capitali. Il cortile del palazzo ospita anche una statua di Federico II, omaggio alla città dell’ambasciatore tedesco negli anni ’70 del Novecento.

Il Palazzo Donadoni

Poco lontano dalla Cattedrale, nel quartiere di cosiddetto della “Terra nova”, ossia il quartiere edificato dagli albanesi giunti a Melfi dopo la caduta di Costantinopoli, si trova il palazzo gentilizio Donadoni. Il palazzo ospita il Museo civico di Melfi.

(http://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Luogo/MibacUnif/Luoghi-della-Cultura/visualizza_asset.html?id=153104&pagename=57)

Il Palazzo Aquilecchia

Lungo la via Vittorio Emanuele II sorge il Palazzo Aquilecchia, appartenente ad una delle ultime famiglie di notabili che si insediò a Melfi. Il palazzo è conosciuto soprattutto per aver ospitato, nell’aprile del 1861, le bande del brigante Carmine Crocco, entrato a Melfi proprio grazie all’appoggio filoborbonico della famiglia Aquilecchia.

Per un itinerario a piedi alla scoperte delle bellezze del centro storico di Melfi:

https://www.google.com/maps/d/viewer?mid=1xG_ohjhLrOv7-5bg_9Em51UQEjA&ll=40.99559429667965%2C15.65502175000006&z=16

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