CENTRO DI RICERCA PER LO STUDIO DEL PENSIERO MERIDIONALISTICO

Sulle orme del lungo Ottocento meridionale

Pontelandolfo

La storia

Il comune sorge su di un breve colle tra due vallate, segnate dallo scorrere di due fiumi: il Lente (o Alente) e il Lenticelle. La tradizione storica vuole che Pontelandolfo sia stata fondata da un principe longobardo di nome Landolfo. Dal 1809 al 1861 il comune di Pontelandolfo fu aggregato alla provincia molisana di Campobasso; coll’avvento del Regno d’Italia, ridisegnata la cartina geografico-politica, entrò invece a far parte della Provincia di Benevento.

Pontelandolfo, tristemente accomunato dalla sorte alla vicina Casalduni, fu, nell’agosto del 1861, teatro di alcuni tragici eventi, tutti riconducibili alla storia risorgimentale e al processo di unificazione dell’Italia, oltre che al fenomeno del cosiddetto brigantaggio postunitario.

Le tappe cronologiche fondamentali di questi avvenimenti sono il 7, l’11 e il 14 agosto del 1861.

Il giorno 7, a Pontelandolfo, durante la festa del locale compatrono San Donato (la cui cappella non è più esistente dopo il sisma del 1962), una banda di briganti, capeggiata da tal Cosimo Giordano, nativo di Cerreto Sannita, faceva irruzione nel paese e ne prendeva possesso, distruggendo i vessilli del neonato Regno d’Italia (stemma sabaudo, tricolore, ecc.), occupando il posto di Guardia, saccheggiando ed incendiando alcune case dei cosiddetti possidenti e uccidendone alcuni dei più in vista.

L’11 agosto furono inviati da Campobasso, sotto il cui mandamento ancora rientrava Pontelandolfo, 45 uomini, di cui 41 soldati e 4 carabinieri, per una ricognizione punitiva dei crimini briganteschi. Alla vista del paese i militi, guidati dal tenente Cesare Augusto Bracci, si avvidero tardivamente di essere in numero largamente insufficiente a prendere il controllo della situazione e a ripristinare l’ordine pubblico turbato. Prudentemente si portarono quindi alla torre baronale, ma presto si accorsero di essere caduti più in una trappola che in rifugio sicuro, da cui non ne sarebbero usciti vivi. Gli abitanti, intanto, atterriti dagli accadimenti dei giorni precedenti, non si mostrarono benevoli verso la forza pubblica, temendo una reazione dei briganti alla ripartenza dei soldati. Questi ultimi decisero, quindi, di lasciare il castello all’imbrunire, e di dirigersi inizialmente verso la vicina e più sicura San Lupo, ma dovettero ripiegare su Casalduni, impediti nella marcia da un manipolo di briganti e facinorosi borbonici locali. Al bivio di Casalduni, però, furono fatti prigionieri dai briganti e quasi tutti uccisi. La notizia dell’eccidio giunse allo Stato Maggiore dell’Esercito, dove la reazione non si fece attendere e partirono due battaglioni di bersaglieri con l’ordine del luogotenente generale Enrico Cialdini di distruggere i due comuni, rei di aver supportato i crimini dei briganti.

Un contingente di circa 400 uomini si mosse per la strada di Solopaca alla volta di Casalduni, guidato dal maggiore Carlo Melegari, l’altro di 500 uomini, comandato dal colonnello vicentino Pier Eleonoro Negri, puntò invece su Pontelandolfo, dove giunse all’alba del 14 agosto, distruggendolo.

Il 14 agosto del 2011 in occasione dei 150 anni dell’unità italiana, il massimo rappresentante delle celebrazioni nazionali, professore Giuliano Amato, già Presidente del Consiglio, a nome della Repubblica Italiana e su mandato del Presidente Giorgio Napolitano, appose una stele a ricordo delle vittime di Pontelandolfo, per “rimarginare una ferita aperta” del processo di unificazione nazionale, che per troppo tempo “è stata relegata ai margini della storia”, contribuendo così a rafforzare il sentimento unitario, e non solo dei cittadini italiani di Pontelandolfo.

La torre baronale

La maestosa torre baronale, eretta nel XII secolo e poi di nuovo dai Gambatesa nel XIV, e le antiche sue mura, che girano tutte intorno ad un grazioso giardino, rappresentano il fulcro monumentale del piccolo centro storico. Di proprietà privata, il castello, sul cui portale ancora campeggia lo stemma dei Carafa di Maddaloni, è appartenuto al noto regista Ugo Gregoretti, mentre oggi è di proprietà della famiglia Melchiorre, erede di Don Lorenzo Melchiorre, sindaco di Pontelandolfo nel triste 1861.

La parrocchia del SS. Salvatore

Oltre al castello, interessante è anche la Parrocchia del SS. Salvatore – dove si custodiscono tra l’altro i libri parrocchiali, una delle poche fonti documentali della storia locale – che presenta una bella facciata settecentesca in pietra viva, come il coevo altare maggiore in marmo policromo.

Le tradizioni popolari

La tradizione, prevalentemente agricola e pastorale, è presente nelle feste sacre e profane del paese, a cominciare dalla festa del SS. Salvatore del 6 agosto, con la caratteristica fiera in piazza Roma e l’esibizione di gruppi folkloristici locali; la festa di San Donato, con la processione e la distribuzione delle tipiche “pagnottelle”, che i fedeli mangiano dopo aver recitato il Pater Noster (http://www.eventiesagre.it/Eventi_Sportivi/21171381_Trofeo+Di+San+Donato.html); quella di San Rocco del 16 agosto, che rievoca la grazia ottenuta dal santo ad estinzione del morbo del 1656; infine, il prosaico “Torneo della ruzzola del formaggio”, in cui, durante il Carnevale, da abili concorrenti vengono lanciate con un laccio per le strade del paese forme di pecorino stagionato: vince chi lancia più lontano il cacio col minor numero di tiri.

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