CENTRO DI RICERCA PER LO STUDIO DEL PENSIERO MERIDIONALISTICO

Sulle orme del lungo Ottocento meridionale

Ripacandida

La storia

Ripacandida si trova su una collina da cui domina le ampie vallate che la circondano. Il toponimo è incerto e nel corso del secolo il paese ha più volte cambiato il nome. Reperti archeologici conservati nel Museo Nazionale Archeologico di Melfi dimostrano ampiamente che Ripam Candidam, nome attestato a partire dal 1150, sorse su un insediamento preromano, databile fra il VII e il VI secolo a.C., quindi alla Magna Grecia. I fondatori di Ripacandida furono, dunque, le popolazione greche che colonizzarono parte dell’Italia meridionale.

L’abitato moderno di Ripacandida risale ai tempi delle invasioni gotiche, quando gli abitanti della valle si trasferirono sul colle; successivamente i longobardi la fortificarono con mura inframmezzate da torri. È all’epoca medievale che risalgono le prime fonti scritte sulla storia di Ripacandida: fra queste la bolla papale di Eugenio III del 1152 che decreta la costruzione delle chiese di San Donato, San Pietro, Zaccaria, San Gregorio. Coinvolta nelle alterne vicende della storia meridionale, nel conflitto tra Aragonesi ed Angioini, parteggiò per questi, fino a quando Ferdinando II, per togliere ogni via di scampo ai francesi, l’assediò e la prese.

Da quel momento la storia di Ripacandida si collega a quella dei suoi feudatari, che furono i Caracciolo, i Grimaldi, i Caracciolo di Torella, ai Mazzacara.

All’indomani dell’Unità il paese fu tra i principali centri da cui partì la reazione del Vulture della primavera del 1861, guidata dal brigante Carmine Crocco: fu proprio a Ripacandida che ci furono i primi fatti di sangue della reazione, con l’uccisione del capitano della Guardia Nazionale, Michele Anastasia. Sul finire del XIX secolo fu interessato dal fenomeno dell’emigrazione, soprattutto in direzione degli Stati Uniti. Una nuova ondata migratoria ha interessato il paese all’indomani del secondo conflitto mondiale.

Il Santuario di San Donato

Il santuario, dal 2010 monumento nazionale, è stato ristrutturato dopo il terremoto del 1930, nel 1954 e dopo il terremoto del novembre 1980. Il santuario, simbolo di Ripacandida, è anche definita “la piccola Assisi” per varie analogia con la basilica francescana. Infatti, oltre al tipico impianto francescano ad aula unica, priva di transetto e con coro rettilineo, presenta anche tre campate voltate a crociera ogivale, ed è affrescata nell’interno per l’intera estensione della superficie disponibile.

Interessanti sono gli affreschi che coprono tutta la superficie della chiesa, risalenti al XIV secolo e curati da un allievo di Giotto, deturpati da interventi eseguiti nel 1628. Sulle vele della prima campata sono dipinti episodi della vita e della passione di Cristo, con l’Annunciazione e la Visitazione, mentre sulla parete di destra è rappresentato l’Inferno e in quella di sinistra il Paradiso. Nella seconda e nella terza campata vengono rappresentati temi dell’Antico testamento, come la separazione della luce dalle tenebre, la creazione della terra, delle piante, la creazione della donna, il peccato originale e la cacciata dal paradiso terrestre, il sacrificio di Caino ed Abele, il diluvio universale e la vicenda di Giuseppe. Nella terza campata, oltre ad essere raffigurati altri episodi dell’Antico testamento, sono raffigurati anche alcuni Santi, che può essere raggruppato, dunque, in un terzo ciclo di affresco, affiancato a quello cristologico e a quello dell’antico testamento; tra le varie immagini di Santi, emerge la figura di San Francesco.

(http://www.sandonatoripacandida.net/index.php)

Il giardino di San Francesco

Annesso al Santuario è il Giardino storico di San Francesco, che dopo la soppressione degli ordini religiosi voluta dal nuovo governo italiano, è diventato la villa comunale del paese. Dopo la cancellata accolgono il visitatore due viali di siepi, al termine dei quali si trova innanzi un secolare pino. Su un piano più rialzato si ammira l’antico giardino, al quale si accede da due brevi scalinate costeggiate da statue classiche. Passeggiando si possono ammirare altri alberi secolari, principalmente tassi e sequoie.

La Chiesa di Santa Maria del Sepolcro

La principale chiesa che sorge nel paese è la chiesa intitolata a Santa Maria del Sepolcro, sorta sulle rovine di un’antica chiesa. Di impianto rinascimentale, è una chiesa a tre navate. Dietro l’altare vi è una tela che raffigura il martirio di San Bartolomeo. Nella navata di destra sono custodite alcune tele dipinte ad olio di San Francesco Saverio attribuibili al XVI secolo e sculture lignee del Settecento. Nella navata di sinistra, oltre ad altri dipinti ad olio, si trova il monumento funebre del fondatore del monastero di San Giuseppe, Giambattista Rossi.

La Chiesa di San Giuseppe e il monastero

Uno dei più importanti luoghi di culto che si trova a Ripacandida è la chiesa di San Giuseppe, attigua all’ex monastero di clausura delle carmelitane scalze. La facciata si presenta con un portale barocco. L’interno, a navata unica, presenta motivi barocchi. L’altare maggiore, in pregiato marmo policromo, è sovrastato da una pala opera di un seguace del Solimena.

Attigua alla chiesa è il monastero delle carmelitane scalze, che prima ancora di essere monastero era il palazzo Baffari-Rossi, e i suoi due ultimi residenti furono i fratelli Giambattista Rossi e Giovanni Baffari, i quali, entrambi sacerdoti, donarono la casa dei loro avi per la fondazione del monastero, ispirato alla regola carmelitana di Santa Teresa d’Avila. Nel 1908 il monastero fu soppresso e nel 1909 il sindaco di Ripacandida, Francesco Virgilio, decise di utilizzarlo come municipio. Il terremoto del 1980 distrusse l’edificio e la sede dell’amministrazione comunale fu trasferita in altro luogo. Negli anni duemila sono stati avviati i lavori di ristrutturazione dell’ex monastero e nel luglio 2011 l’ex monastero fu riportato alla sua funzione di sede municipale.

Il bosco

Una delle aree più belle di Ripacandida è certamente il bosco, composto da alberi ad alto fusto come querce e cerri. Alla fine degli anni cinquanta è stata impiantata alla base e sui pendii della collina, sulla quale sorge Ripacandida, una pineta.

Il bosco fu uno dei luoghi di rifugio preferito dei briganti di Carmine Crocco. Ancora oggi sono visibili le cavità naturali e le grotte nelle quali i briganti si nascondevano per fuggire alle incursioni dei militari italiani.

Sul ruolo del brigantaggio a Ripacandida:

http://www.comune.ripacandida.pz.it/index.php/ripacandida-e-i-briganti

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