CENTRO DI RICERCA PER LO STUDIO DEL PENSIERO MERIDIONALISTICO

Sulle orme del lungo Ottocento meridionale

Villa del principe di Caposele (Formia)

La stria

La Reale Villa Caposele sorge su di un leggero altipiano, degradante a balze verso la marina di Mola di Gaeta, nell’attuale comune di Formia. La Villa gode di una vista privilegiata sull’intero golfo di Gaeta, la cui rocca le sorge dinanzi, incorniciandole superbamente il mare.

Essa può vantare un retaggio storico molto più antico del periodo risorgimentale, che risale addirittura all’età imperiale romana. I resti all’interno del parco della villa, sono la testimonianza di una presenza romana di grande importanza. Se la storia tradizionale vuole che essi siano appartenuti al Formianum di Cicerone, alla villa rustica dove il celebre oratore romano vi avrebbe trovato la morte il 7 dicembre del 43 a.C., quando venne raggiunto dai sicari di Antonio, la storiografia più recente ci conferma, comunque, la presenza di un complesso imperiale romano di eccezionale rarità.

La villa venne acquistata da Ferdinando II di Borbone dalla Principessa di Caposele, ultima erede di casa de Ligny, nel 1852. Da quel momento la villa divenne residenza della famiglia reale dei Borbone delle Due Sicilie e fu molto trasformata per la sua nuova destinazione. Le fu annesso un porticciolo (Porto Caposele), per fornirla di un comodo accesso dal mare e furono ampliati i giardini, con l’aggiunta di altre terrazze. La villa rimase di proprietà privata della famiglia reale, ed è espressamente citata da Ferdinando II nel suo testamento del 1859 come bene privato, e non della Corona, come lascito al figlio primogenito Francesco II.

Durante l’assedio alla roccaforte di Gaeta del 1860-61, la Villa Reale di Caposele fu requisita dai Piemontesi e al suo interno fu istallato il quartier generale dell’esercito sardo, sotto il comando del generale Enrico Cialdini.

Nel salone principale, sotto gli affreschi ottocenteschi di Domenico Battaglia, il 13 febbraio del 1861 fu firmata la resa di Gaeta dai rappresentanti militari dei due opposti schieramenti (generali Cialdini e Milon). La villa ha subito numerosi rimaneggiamenti anche nel corso del secondo dopoguerra.

Il Gran Tour

Il ninfeo, con stucchi e pitture in stile pompeiano, gli ambienti dei bagni con grandi volte a botte cassettonate, i resti di imponenti mura in opus reticolatum e misto, insieme con la vasta raccolta di statue, bassorilievi ed epigrafi classiche, fecero di Villa Caposele una tappa obbligata del Grand Tour dell’aristocrazia mitteleuropea sette-ottocentesca. La sua vicinanza alla via Appia, infatti, comportava inevitabilmente il transito di intellettuali e artisti che, attratti dalle bellezze classiche e naturalistiche del sud della penisola, si soffermassero ad ammirare le antichità formiane della villa di Cicerone.

Il suo colto proprietario della fine del ‘700, Carlo de Ligny, Principe di Caposele, da cui la villa prese nome, aveva raccolto infatti una cospicua collezione di reperti archeologici, sottraendoli alla sicura distruzione e, collocandoli all’interno del parco, li aveva restituiti alla contemplazione intellettuale dei suoi illustri ospiti. Da Goethe a Stendhal, dai principi di sangue reale di mezza Europa agli studiosi e archeologi delle più importanti accademie, tutti iniziarono a conoscere quest’incantevole luogo della storia romana.

Il casino della villa

Il casino della villa, la bianca residenza del Principe di Caposele, risale invece alla fine del XVI secolo ed appartenne in origine alla famiglia Laudati, Patrizi di Gaeta e Duchi di Marzano, da cui i de Ligny, di antichissima origine francese, ma Patrizi Napoletani sin dal tempo degli Angioini, l’ereditarono nel XVII secolo.

All’interno dell’atrio del Casino una lapide ricordava il soggiorno di Ferdinando IV e Maria Carolina, reduci del viaggio in Germania nel 1791, e di quello del Re di Sardegna, Vittorio Emanuele IV, e della consorte Maria Teresa d’Austria, tutti ospiti del Principe di Caposele.

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